C’è ancora una collocazione per gli
oratori nella società attuale, se nuovi valori, crisi della partecipazione
anche per l’associazionismo cattolico e nuove tecnologie sembrano minare i
principi ispiratori su cui erano nati? Di questo si è discusso ieri pomeriggio
a Cives Laboratorio di formazione al bene comune. Ospiti il presidente
nazionale ANSPI, Giuseppe Dessì, il presidente zonale per Benevento, Rosario De
Nigris, Don Mario Iadanza, direttore dell’Ufficio per i beni culturali della
diocesi dei Benevento. Ettore Rossi, coordinatore del laboratorio Cives e
direttore dell’Ufficio diocesano per i problemi sociali e il lavoro, ha
introdotto il tema e ricordato che Papa
Francesco ha indetto per maggio 2020 un evento dal titolo “Ricostruiamo
il patto educativo globale”. “Nella lettura della condizione giovanile di
questo tempo, rispetto al nostro Paese e soprattutto ai nostri territori – ha
spiegato Ettore Rossi – emerge con forza, tra le tante questioni, l’assenza di
strutture che siano capaci di orientare i ragazzi e con essi le famiglie nelle
scelte fondamentali dei percorsi di studio e di lavoro. Questa assenza di
orientamento, la cui responsabilità è principalmente delle istituzioni
pubbliche, ha delle conseguenze molte concrete per esempio nel disallineamento
tra le competenze acquisite dai giovani attraverso gli studi compiuti e quelle
richieste dalle imprese. In questo senso si potrebbero immaginare delle azioni
che vedono gli oratori impegnati a svolgere questo ruolo al servizio della
comunità”.
Il presidente De Nigris si rivolge
al pubblico e lancia un appello ai presenti a contribuire alle attività di
volontariato degli oratori ANSPI nella provincia di Benevento, riconoscendo la
concreta fattività con cui l’associazione si prodiga a a favore di giovani e
meno giovani. Lamenta però che, a dispetto della L. 206/2003 con cui lo Stato
si obbligava a fornire sussidi, poco si fa in concreto e soprattutto al Sud. A
sostegno di quanto dice porta la testimonianza di operatori e fruitori del
territorio che spendono parole di riconoscimento a favore di ANSPI BN. Il
Presidente nazionale Giuseppe Dessì ha l’orgoglio di essere il primo presidente
laico in sessant’anni di storia dell’associazione. Egli riconosce che non è più
pensabile che gli oratori di oggi siano modellati su quelli di S. Filippo Neri
o di Don Bosco. I nuovi oratori possono esistere solo se al passo con i tempi,
se possono vantare una programmazione, se siano supportati da una comunità
consapevole. Già Papa Paolo VI in quello che può considerarsi il Manifesto
degli oratori dell’aprile 1963, faceva riferimento a modernità organizzative,
ad una educazione integrale di cui doveva farsi carico l’oratorio. Oggi,
sostiene Dessì, i nuovi oratori possono ancora essere punti di aggregazione, ma
devono proporsi soprattutto come il luogo in cui i giovani possano essere
guidati a scoprire i propri talenti e
aiutarli anche a inserirsi nel mondo del lavoro. Insomma, l’oratorio deve essere sinonimo di opportunità
perché i ragazzi possano realizzare se stessi. I nuovi oratori devono
essere ripensati per avere una funzione formativa non luoghi dove si fanno
eventi, ma gli educatori non possono
esercitare attività formativa in forma estemporanea, vi è bisogno che siano a
loro volta formati e aggiunge “il sacerdote deve confermarsi quale guida spirituale
ben definita, l’educatore non è assimilabile all’amicone che ti dà una pacca
sulla spalla, è piuttosto una figura professionalmente costruita”. Bisogna agire sapendo che il giovane ascolta
se c’è un uomo che ascolta i giovani. Una
professionalità preparata, nelle parole di Don Mario Iadanza, a favorire
la costruzione del sé nelle giovani generazioni, della espressività, capace in
un rapporto socratico di promuovere le potenzialità ancora inespresse e acquisire consapevolezza della propria
umanità. Secondo il direttore
dell’Ufficio per i beni culturali i temi
della multiculturalità e la costruzione delle reti della socialità sono
secondari mentre in primis sono da affrontare le grandi questioni del senso
della vita, secondo i principi dell’umanesimo cristiano. “Ma l’educazione è
attività complessa e non si può pensare di riandare nostalgicamente ai tempi
andati”, sostiene. Occorre ripensare a nuove dinamiche educative, a nuovi
“costruttori di umanità”. Poi invita la platea a riflettere su quante scuole di
ispirazione cristiane si chiudono, specialmente in periferia e dice
amareggiato: “quelle che a Roma tengono
non fanno testo perché fanno riferimento alle scuole per benestanti. Non
scommettiamo più nell’educazione, non crediamo più nell’educazione religiosa”.
Dessì conclude rafforzando quanto detto con una massima di Don Bosco: “Volete
fare una cosa santa? Occupatevi dei ragazzi. Volete fare una cosa santissima?
Occupatevi dei ragazzi. Volete fare una cosa divina? Occupatevi dei ragazzi”. E
scatta l’applauso con cui la platea dimostra tutta la possibile condivisione
con i temi trattati e gli approcci sostenuti
You must be logged in to post a comment Login