Società
Guglielmo Giannini, uomo qualunque
Dolori privati, opere e impegno politico convergono, in tutta la loro complessità, nella vita di Guglielmo Giannini, uomo che attraversa buona parte del ‘900 mettendo a fuoco le linee guida del cosiddetto qualunquismo, antenato del populismo tanto caro all’attuale M5S. Nato a Pozzuoli nel 1891 da una famiglia di media borghesia, Giannini volta da subito le spalle ad un sicuro avvenire da professionista per addentrarsi nella carriera ben più altalenante del giornalista e drammaturgo (e persino autore di canzoni) con brevi incursioni nella vita militare come volontario. Appartiene a quella generazione “maledetta” che vede scorrere innanzi a sé le due guerre mondiali, una da giovane e una da uomo maturo e, con al centro, l’affermazione del partito fascista. A quel continuo altalenarsi di problemi, difficoltà e dolore delle classi meno agiate, Giannini non riesce a rimanere insensibile e tenta, a suo modo, di dargli voce (la morte del figlio in guerra, poi, lo rende ancora più determinato). Fonda il settimanale “L’uomo qualunque” e, dopo poco tempo, sulla scia del suo successo, il movimento politico “Fronte dell’uomo qualunque”. Da lì il passo al vero e proprio partito politico è breve, e Giannini, con una percentuale di voti (poco più del 5%) di tutto rispetto per un neo-partito, entra nella Assemblea Costituente nel 1946 con ben 30 deputati (quasi tutti monarchici e conservatori) al grido di “non rompeteci più le scatole” rivolto all’intera classe politica. Il suo programma politico è di una semplicità disarmante e fare leva sui bisogni di una popolazione afflitta e decimata rende estremamente facile fare proseliti, in particolare nelle aree meridionali del Paese dove le Guerre hanno peggiorato condizioni di vita già critiche. Giannini ritiene che buona parte della popolazione è asservita alle smanie di potere di pochi e dunque sfruttata a loro piacimento. E’ necessario liberarsene al più presto e lasciare le redini della gestione amministrativa a semplici contabili da cambiare ogni anno:
Io sono quello che vedendo vilipendere i decorati al valore dissi che era una porcheria.
Io sono quello che quando assassinarono Matteotti dissi: – Questa è un’infamia.
Io sono quello che quando vidi la speculazione sull’assassinio di Matteotti dissi: – Adesso si esagera.
Io sono quello che quando Mussolini fece il discorso di Pesaro dissi: – Ma perché si occupa di finanze se non ne capisce?
Io sono quello che quando fu fatto il Concordato con il Vaticano dissi: – Bè, meno male, ci siamo levata questa spina dal cuore.
Io sono quello che, quando fu proclamato l’impero, dissi: – Bè, meno male, è finita e possiamo metterci a lavorare.
Io sono quello che, quando cominciò la guerra in Spagna, dissi: – Oh! Dio Santo!
Io sono quello che quando Galeazzo Ciano fece il discorso sulle naturali aspirazioni contro la Francia, dissi: – Ma insomma, la finiamo o non la finiamo?
Io sono quello che al 18 giugno del 1940, convinto di avere dodici milioni di baionette, la flotta sottomarina più potente del mondo, l’aviazione capace di oscurare il sole, dissi: – Bè, ormai ci siamo, sbrighiamoci, sistemiamo il mondo e mettiamoci a lavorare.
Io sono quello che, pochi giorni dopo, quando la battaglia delle Alpi dimostrò che non avevamo nemmeno le scarpe da montagna per i soldati, dissi: – Ma cosa fa il re?
Io sono quello che quando cominciò la guerra contro la Grecia, dissi: – Oh! Madonna mia!
Io sono quello che da quel momento continuai a dire: – Ma cosa fa il re? Ma come Badoglio ha permesso questo? Ma che fanno i principi, i collari dell’Annunziata, il Senato?
Io sono quello che la notte del 4 giugno 1944 [il giorno della liberazione di Roma da parte degli Alleati, NdR], uscii di casa, infischiandomene del coprifuoco, impazzendo di entusiasmo.
Io sono quello che un mese dopo dissi. – Qui non si fa che perder tempo e l’inverno si avvicina.
Io sono quello che incontrando l’ex gerarca, dissi: – Come, lei fa l’epuratore?
Io sono quello che ha detto. – Questi sono metodi e sistemi fascisti.
Io sono quello che ha venduto tutto per comprare il poco che ha potuto.
Io sono quello che non crede più a niente e a nessuno.
Io sono l’Uomo Qualunque.
Come è facile intuire, gli argomenti proposti da Giannini vengono accolti con grande diffidenza dal mondo politico che pure è molto attento ai bisogni delle classi sociali in difficoltà. L’intero arco parlamentare gli volta le spalle a cominciare dal suo illustre conterraneo, Benedetto Croce con il quale Giannini condivide idee liberiste. Croce liquida l’esperienza del Fronte come un tentativo di ridurre ai minimi termini problemi che vanno trattati con la dovuta attenzione e contestualizzati in una politica europea ed internazionale. La Democrazia Cristiana e il Partito Comunista, da par loro, lo mettono in un angolo esattamente per gli stessi motivi varando in quegli anni la Riforma Agraria. Con il passare del tempo la parabola politica del Fronte dell’uomo qualunque si dissolve non senza, però, aprire un varco a chi, qualche decennio dopo, mette in campo esattamente gli stessi argomenti e con le stesse modalità. Giannini muore nel 1960.
Si può considerare Giannini un protagonista dimenticato dalla Storia??? Qual è stata la sua eredità??? Spunti di riflessione ce ne sono molti se si esce dalla banalità delle etichette tanto in voga nell’attuale era social (che probabilmente gli sarebbe stata pure congeniale).
E’ innegabile che Giannini, con grande capacità comunicativa, sia riuscito a disegnare i tratti essenziali di un’epoca senza tuttavia definirne quelli distintivi. Il tentativo di elevare di rango il malumore e malcontento della popolazione attribuendogli la dovuta importanza ha una sua ragion d’essere. Tuttavia la parte costruens, vale a dire il progetto politico che prova a costruirgli intorno, dimostra tutta la sua debolezza e, forse, anche una buona dose di limite intellettuale al punto da involvere piuttosto velocemente fagocitato da partiti politici più strutturati.
Una nota a parte merita anche l’enorme consenso che Giannini riesce ad avere presso l’elettorato del Sud Italia. Il “fronte dell’uomo qualunque” riesce ad affermarsi in tempi velocissimi e con percentuali ragguardevoli già nelle Amministrative in Sicilia del 1946. Ma al suo interno i contrasti ideologici sono laceranti perché i 30 deputati che entrano nell’Assemblea Costituente come espressione dell’elettorato delle classi meridionali più disagiate, sono, in realtà, strenui difensori dell’ideologia latifondista. Più o meno involontariamente, Giannini, mette a nudo proprio questa contraddizione. Da un lato, le classi sociali più povere, alla disperata ricerca di una cassa di risonanza del loro disagio, ripongono fiducia nella roboante ideologia qualunquista, dall’altro Giannini e i suoi deputati ne traggono vantaggio per lasciare inalterato lo status quo. In quegli stessi anni Tomasi di Lampedusa scrive il Gattopardo ma, soprattutto il trentino De Gasperi vara la Riforma Agraria in Parlamento. Il Sud Italia finalmente volta le spalle al latifondo e ai suoi ostinati difensori.
Maria Rosaria Aurisicchio
Classe 1969, coniugata, una figlia. L’imprenditoria è il mio mondo. Ne faccio parte direttamente ma ho il privilegio di studiarlo e osservarlo da tutte le angolazioni possibili grazie ai miei studi universitari. Quindi mi interesso di storia, di sviluppo locale, di artigianato, di questione meridionale, di politica e di arte. Da buona appenninica meridionale parlo poco e ascolto molto, però poi scrivo….
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