In dialogo con Silvia Ranzi
a cura di Antonella Fusco
Quanta bellezza nelle arti, espressione dell’io più profondo. Via rivelativa del sentire e dell’essere. Educare e rinnovare, allora, uno sguardo come vedere interiorizzato che sappia andare oltre. Sguardo verso un’esperienza esistenziale che doni pienezza.
Ogni opera dettata dalla creatività di ogni singolo artefice risponde a risonanze introspettive che rendono universali i valori identitari per trasformarsi in proiezioni etico-sociali condivise.
Si rende “Sublime” l’universo delle forme nel superamento della contingenza verso significati estetico-ideali: questa è la Bellezza che si cristallizza nelle varie tecniche esecutive o metrico-lessicali nella versatilità delle poetiche stilistiche. La poliedricità dei talenti spazia dalle discipline formali – Pittura, Scultura, Grafica, Architettura – alla varietà dei linguaggi letterari – Poesia, Narrativa, Aforismi – e a quelli performativi – Musica e Teatro – accomunati dal richiamo alla scienza semantica sottesa in cui predomina “ il segno” icastico, costruttivo, lessicale, performativo, melodico che si carica di “senso” e attesta la richiesta delle coscienze di verità sapienziali che illuminino il destino umano nella dialettica tra conscio ed inconscio.
La “Bellezza”, dispositivo di significato nel polimorfismo delle Arti, educa alla contemplazione dei riverberi dell’anima nelle processualità delle prassi artistiche secondo uno spirito redentivo come attestano le parole di Papa Wojtyla nella Lettera agli Artisti ( 4 aprile 1999): “ Nella creazione artistica l’uomo si rivela più che mai ad ʿImmagine di Dioʾ e realizza questo compito prima di tutto plasmando la stupenda ʿmateriaʾ della propria umanità e poi anche esercitando un dominio creativo nell’universo che lo circonda”.
Il suo impegno Silvia Ranzi, come critico d’arte e non solo, è tendere verso questa sensibilità, attraverso l’armonia che la “sororità” fra le arti può generare.
Di origini romagnole, mi sono laureata a Bologna in Lettere Moderne con esami e tesi in Storia dell’Arte nel binomio da me prediletto tra Arte e Letteratura. In qualità di figlia di Angelo Ranzi, rinomato artista di Forlì – pittore, incisore, scultore e medaglista – ho conosciuto fin dall’infanzia il fascino e la passione per l’Arte in tutte le sue sfaccettature. Ravennate d’adozione per formazione giovanile, da sposata ho vissuto un breve soggiorno a Terni in Umbria e quindici anni nel Lazio – Castelli Romani e Roma – per risiedere da 22 anni a Firenze, cuore del Rinascimento. Sono trent’anni che professo l’attività di critico d’Arte e letterario presso Gallerie ed Associazioni culturali, scrivendo nel milieu toscano articoli per la rivista di Fabrizio Borghini “La Toscana nuova” e la storica rivista “Pegaso”: sono attualmente membro del Consiglio direttivo della Società di Belle Arti – Circolo degli Artisti “ Casa di Dante”(www.circoloartisticasadante.com) e della Camerata dei Poeti (www.lacameratadeipoeti.weebly.com) di cui curo quello che ho definito la Sororità fra le Arti per sottolineare la sinestesia tra i codici espressivi.
Le discipline creative nelle varie declinazioni hanno un potere liberatorio e catartico: sono il tramite tra il relativo e l’assoluto dal microcosmo individuale al macrocosmo universale. Ogni espressione artistica oltrepassa la dimensione del quotidiano per affermare nelle prassi esecutive istanze che interrogano il Mistero dell’esistere.
Amo particolarmente un testo di Mario Praz dal titolo “MNEMOSINE Parallelo tra la letteratura e le arti visive” (Arnoldo Mondadori editore 1971). Il termine Sororità fra le Arti sostiene ed analizza il concetto di Arti Sorelle che risale alla più remota antichità quando nell’Ars Poetica di Orazio già si confermava “l’ ut pictura poesis”, a cui si aggiunge un detto di Simonide di Ceo riferito a Plutarco che “la Pittura è Poesia muta e la Poesia è Pittura parlante”.
Da sempre si riconosce la fraterna emulazione di intenti tra i mezzi espressivi adottati dal carisma di ogni singola personalità: ciascuna disciplina artistica in forza delle sue specificità operative e contenuti etici registra nei secoli l’evoluzione dei codici che determinano o interagiscono con i climi estetici nel dinamismo delle epoche. L’identità dell’uomo-artefice fa rifluire le istanze Umanistiche nelle strumentalità esecutive per eternare valori comunitari nel prisma dei tempi in cui si collocano. Mnemosine, personificazione della Memoria, figlia di Urano e di Gea secondo la Teogonia di Esiodo, nella cultura greco-classica è protettrice delle Arti quale Madre delle Muse: affidiamoci alle sue ascendenze mitiche per coltivare il binomio rivelatore del “Bello” abbinato al “Buono” ( Kalokagathìa) per proiettare scintille di salvezza nel mondo in cui viviamo.
“È una Bellezza, quella dell’Arte, che fa bene alla vita e crea comunione. Perché unisce, Dio, l’uomo e il Creato in un’unica sinfonia; perché congiunge il passato, il presente e l’avvenire; perché attira nello stesso luogo e coinvolge nel medesimo sguardo genti diverse e popoli distanti” Papa Bergoglio (Musei Vaticani, settembre 2018).
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