La cosiddetta “generazione Z” americana (che secondo il loro alfabeto viene dopo quelle X e Y…), i “millennial” insomma é veramente sconcertante e getta su questa avida e bestiale società di ‘adulti’ – sotto la lente da “entomologo” di Sam Levinson – errori e colpe che si rimargineranno con molta fatica, caso mai ci fosse la volontà di cambiare radicalmente, la qual cosa, stando all’impietosa cronaca che la Serie TV ci propina, ha l’amaro sapore di una insuperabile illusione… Eppure chissà, mi piace pensare che forse saranno proprio loro con le loro sofferte esperienze, con tutto il potenziale – e la forse ancora acerba ma spesso superba poesia – che ancora possiedono a salvare noi e la nostra senile e maledetta società! Da tenere sotto stretta osservazione Sam Levinson, creatore e scrittore della serie, che canta tale generazione con rara lucidità e passione. Pare ci sarà una seconda serie centrata sul personaggio di Jules, personaggio malinconico-iconico tragico e appassionato, metà eroina marcescente e metà vergine dai pantagruelici appetiti. Applausi alla recitazione.
Si tratta di una Serie TV per stomaci forti e palati abituati all’amaro come il fiele…Leggo queste creature in modo compassionevole, la loro struggente tenerezza e tutta la violenza che subiscono mi fa star male e così può accadere ad ogni spettatore medio. Ma chi fa violenza a queste creature se non la società adulta che li ha generati e allevati imponendogli i loro disvalori? Chi ne ha fatto persone ferite e insicure, cioè delle vittime?
Persino Nate Jacobs, quarterback della squadra di football della sua università, con problemi di gestione della rabbia (che mascherano le sue insicurezze sessuali) personaggio borderline, indubbiamente pericoloso, è una vittima di suo padre (e dei ‘valori’ che i genitori pretendono d’incarnare)…
Nella Società distopica, ma tanto vicina alla contemporaneità statunitense, tutti cercano disperatamente di sopravvivere sfogando la rabbia accumulata e la conseguente insicurezza a modo loro: chi riversandola contro se stesso (Rue tossicodipendente, Jules con ambigue relazioni estemporanee masochiste tanto ingenue quanto cercate), chi riversando la rabbia repressa su altri. Vedrete che ognuna delle “creature fantastiche” che popola questo mondo redivivo del favoloso “Harry Potter” viene narrata a partire dai propri disagi e dalle “tecniche di autodifesa” che escogita, spesso inconsapevolmente, per non essere fagocitata da una Società saturnina, da una Società cioè che sbrana i propri figli… Infine ti accorgi che non c’è nessuna guerra generazionale, anzi tutti gli ipocriti genitori sono convinti (forse persino in buona fede) di preparare nel modo migliore i loro figli alla vita, senza accorgersi di essere loro stessi profondamente malati e feriti e anch’essi espressione di una Società profondamente malsana.
Almeno mi sembra sia questa la tesi sostenuta da una scrittura potente e supportata da un cast di giovani (e meno giovani) attori e attrici di grande valore – tutti perfettamente consci che stanno scrivendo una pagina importante della cinematografia del nuovo secolo. I personaggi poi dello spacciatore amico fraterno e protettivo di Rue – almeno lui in un panorama di padri assenti o indegni – e il suo socio-bambino sono paradossalmente (insieme allo sponsor che incontrerà Rue e che la terrà lontana dalle droghe in pasticche) le uniche persone centrate e consapevoli di tutta una più o meno delirante schiera e meriterebbero un discorso a parte. Insomma tutta l’opera penso sia non solo la tragica e poetica narrazione di una generazione, ma anche una lucida e calcolata indagine sociologica…
Alessandro Perriello
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