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La lezione di Elliot

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La lezione di Elliot

Poco tempo fa, leggendo una rivista di counselling, mi sono imbattuto in un articolo di Felice Di Lernia, antropologo. Per dirci alcune cose, l’antropologo fa delle riflessioni interessanti sul film E.T. Dico subito che non sono nuove o tutte totalmente nuove, ma sicuramente le sue riflessioni le ho apprezzate e, in buona parte, condivise, dopo aver rivisto nuovamente il film.  Ora, vorrei riproporle al lettore del nostro giornale.

E’ necessaria una premessa, articolata in due punti. Primo, il counselling, la consulenza individuale, di coppia, familiare rientra tra le “relazioni di aiuto” non cliniche. Secondo, l’esatta collocazione del film per rispondere alla domanda: –  a che genere appartiene? –

E’ un film di fantascienza o piuttosto è un film sull’incontro, sul modo di incontrare e di stare nella diversità? E’ un film di fantascienza o è un film sulla conoscenza, sulla capacità di conoscersi? E’ un film di fantascienza o è un film (didattico) sulla relazione di aiuto?

Il film, per usare le parole (in corsivo) del Di Lernia contrappone due posture relazionali, che rivelano due diversi pensieri dell’altro e della cura: da una parte c’è Elliot, dall’altra i professionisti della cura (lo staff medico che nel film tenta di salvare ET). Nel film, lo staff medico esce sconfitto, perché “non vede ET”. I medici non vedono la “diversità”, seguono il protocollo e intervengono come si interviene per curare un essere umano, ma E.T. umano non è. Persi nel training professionale non guardano e, quindi, non vedono l’essere diverso, che ha le risorse in sé per salvarsi, infatti, non morirà e riuscirà a tornare a casa. Perché i medici non vedono ET? Perché commettono due gravi errori epistemologici: ignorano l’altro e ignorano se stessi. Ignorano l’altro, perché aprioristicamente lo riducono a “come se”, “identico a se” (questo è un errore in cui possono incappare tutti i professionisti delle relazioni di cura, non solo i medici!). Ignorano se stessi perché non stanno nella relazione, perché apriori la “relazione” è negata in quanto non può avere alcuna influenza sull’altro. E’ solo la tecnica a fare la differenza! Solo la tecnica può curare. Non stando nella relazione, non c’è alcuna scoperta. Scoperta che, invece, fa Elliot. Prima percepisce che nel capanno c’è qualcosa … poi intuisce che c’è “esistenza” … infine, si fa tirare dalla curiosità e lascia che sia il bisogno dell’incontro a fargli vincere la paura … Concordo in tutto con Di Lernia, ma sostituisco “bisogno” con “desiderio”. E’ il desiderio dell’incontro che fa vincere la paura! Elliot da credito all’altro. E’ una fiducia generativa, perché crede nell’alterità. Non conosce l’altro, ma scommette sulle risorse dell’altro per investire nella relazione. Vi fa venire in mente la mamma che vi guarda con gli occhioni dolci, quando da bambini avete fatto qualche marachella, e lei vi vede già nel vostro “dover essere”, senza fermarsi a quel che siete in quel preciso momento?

Elliot ha curiosità e da fiducia, perciò saprà guardare, ascoltare, lasciar fare. Lui vede l’irriducibile differenza che lo separa da ET e scopre il mondo interiore di questo essere “diverso da sé”. Scopre i sentimenti di ET, le sue emozioni e certifica l’esistenza, prima solo intuita nell’oscurità del capanno. Piano, piano vede le risorse di ET e lascia che queste l’aiutino a tornare a casa. La lezione di Elliot è di aver rischiato nella relazione, che ad un certo punto gli sfugge di mano ed è pericolosa per sé e per il proprio “amico”. Si cala nella realtà e aiuta ET, anche difendendolo dai professionisti della cura, anche rischiando; gli grida di restare, incita ET a non lasciarlo andare. Infine, rifiuta l’invito di ET a partire con lui e gli risponde “Io resto!”.

“Io resto!” esprime l’autonomia di Elliot, la separazione dall’altro e, nello stesso tempo, riconosce che ET non ha più bisogno di lui. A questo punto, l’epilogo è “Io sarò sempre qui”. In queste parole di commiato di ET, possiamo leggere che “qui, con te, ci sarà sempre qualcuno che come me avrà bisogno della tua curiosità e della tua fiducia”.

Possiamo far tesoro della “lezione di Elliot” in ogni relazione.

Filippo Pagliarulo

sito promosso dall'Ufficio Comunicazioni Sociali dell'Arcidiocesi di Benevento per favorire il dialogo e il confronto tra componenti sociali e realtà ecclesiali presenti sul territorio, per far emergere notizie buone e vere che contribuiscano all'edificazione del Regno di Dio.

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